Sito di Mario Di Pietro
La
qualità dell'esistenza di ogni bambino è influenzata
dal modo in cui egli apprende, fin dai primi anni, ad affrontare le proprie
emozioni: se in lui prevalgono reazioni emotive distruttive, queste finiranno
per caratterizzare la sua vita scolastica determinando relazioni insoddisfacenti
con i compagni e con gli insegnanti. Per questo vorrei iniziare il mio intervento
soffermandomi innanzitutto sul rapporto esistente tra le esperienze emotive
del bambino e il suo adattamento sociale.
Risulta abbastanza evidente il fatto che determinate emozioni hanno un'influenza
rilevante sull’apprendimento e sulla motivazione scolastica. Quanto più mettiamo
il bambino in grado di vivere emozioni positive in ambito scolastico, tanto più lo
aiuteremo ad imparare. Chi di voi ha avuto a che fare con bambini all'inizio
della scuola elementare avrà constatato che molti di essi si accostano
all’apprendimento con un notevole entusiasmo che però va smorzandosi
col passare del tempo. Eppure gli insegnanti potrebbero fare molto per facilitare
l'esperienza di emozioni positive nel contesto scolastico. Se lo studio
viene associato a stati d'animo piacevoli, sarà stimolata la capacità di
partecipazione attiva dell'alunno al processo di apprendimento. Purtroppo
questo si verifica ancora piuttosto raramente.
E' importante tenere presente che un'eccessiva tensione emotiva interferisce
negativamente sull'efficacia di molte prestazioni. Ciò significa
che se il bambino è troppo teso e coinvolto, il suo rendimento diminuirà in
qualsiasi attività, non solo in quelle strettamente scolastiche, ma anche
in attività sportive, artistiche o di altro tipo. Quindi, se è bene
che vi sia un certo coinvolgimento, è altrettanto utile evitare un eccessivo
stress.
Le emozioni, inoltre, interferiscono con le attività mentali. Certi meccanismi
cognitivi quali la capacità di concentrazione, la capacità mnestica
e l'attenzione, sono influenzate negativamente da un’eccessiva tensione
emotiva. Diventa quindi difficile focalizzare bene la propria mente su ciò che
si deve apprendere quando si è troppo agitati o turbati.
Le emozioni influenzano anche i rapporti interpersonali. Bambini che ad esempio
manifestano un livello eccessivo di aggressività riceveranno spesso risposte
altrettanto aggressive, oppure tenderanno a essere evitati, rifiutati, allontanati.
Se invece è presente un'eccessiva timidezza nei rapporti interpersonali,
il bambino avrà difficoltà ad inserirsi nel gruppo e potrebbe trovarsi
socialmente isolato.
E' inoltre da considerare il fatto che le emozioni dominanti finiscono
per determinare il clima psicologico della classe. Se qualche insegnante ha avuto
l’infelice esperienza di trovarsi in una stessa classe quattro o cinque
bambini con un elevato livello di iperattività, con un'accentuata
aggressività e con la tendenza a disturbare i compagni, probabilmente
sarà arrivato alla fine dell’anno scolastico alquanto esausto. Questo
per il fatto che determinate emozioni negative, se si manifestano con elevata
frequenza ed intensità, possono creare un clima di classe piuttosto negativo
che logora gli insegnanti e rende difficile il processo di apprendimento.
Rimane infine da tener presente che le emozioni più frequenti diventano
modalità di risposta abituali. Quindi se abbiamo bambini che spesso provano
ansia di fronte a interrogazioni o compiti in classe, è molto probabile
che tale ansia, in assenza di un intervento specifico, si consolidi anche negli
anni successivi. Lo stesso vale anche per altre emozioni quali, ad esempio, l'ostilità o
la tristezza che se non vengono affrontate adeguatamente finiranno per diventare
parte stabile del repertorio emozionale del bambino.
Quando consideriamo i disturbi emotivi e
comportamentali dell'età evolutiva può essere utile differenziarli
in due ampie categorie.
Una prima
categoria riguarda i disturbi emotivi esteriorizzati. Come il termine
può far supporre si tratta
di disturbi nei quali il disagio del bambino si manifesta soprattutto
verso l'esterno. Essi si caratterizzano come tendenza ad esigere che
i propri bisogni personali vengano immediatamente soddisfatti e che
abbiano la precedenza sui bisogni degli altri.
E' inoltre frequente il ricorso all'aggressività per conseguire
i propri scopi, oppositività, tendenza alla trasgressione di
norme sociali e a volte anche legali. Tipici disturbi esteriorizzati
sono i disturbi della condotta e le sindromi ipercinetiche. L'altra categoria è costituita
dai disturbi interiorizzati, caratterizzati da una sofferenza che viene
vissuta interiormente e che spesso passa inosservata ad un'osservazione
superficiale. Tipici disturbi interiorizzati sono l'ansia e la depressione.
E' interessante notare che per quanto concerne
le segnalazioni che gli insegnanti rivolgono ai servizi specialistici
per alunni in difficoltà, esse riguardano quasi esclusivamente
i disturbi di tipo esteriorizzato. E` molto raro che un insegnante segnali
ad uno psicologo o ad un neuropsichiatra infantile bambini che hanno problemi
di ansia o problemi depressivi, in quanto si tratta di soggetti che di
solito non disturbano e non creano problemi nella classe.
Si tratta di alunni che tendono a isolarsi,
a chiudersi in se stessi, e che rimangono passivi e sottomessi nei confronti
degli altri. In effetti un deficit nelle abilità relazionali è
una costante di molti disturbi emotivi. Se il bambino è ansioso,
ma ancor più se è depresso, manifesterà una certa
inadeguatezza nel modo in cui si rapporta con i propri coetanei.
Si è potuto constatare che la maggior
parte dei disturbi emotivi sono influenzati da alcune modalità
distorte con cui il bambino o l'adolescente rappresenta mentalmente se
stesso e il proprio mondo. Si tratta della tendenza ad ingigantire gli
aspetti negativi della realtà, ricorrendo a modalità di
pensiero rigide e assolutistiche, ad esempio con un'eccessiva frequenza
di termini quali sempre, mai, nessuno; oppure considerazioni del tipo
"non me ne va mai bene una", "tutti ce l'hanno con me", "nessuno
mi vuole bene", "non ne faccio mai una buona". La tendenza a categorizzare
in modo estremo influisce negativamente sull'umore e quando si consolida,
diventando il modo abituale di considerare se stessi e il proprio
mondo, può
condurre a disturbi emozionali quali ansia e depressione.
Per molto tempo una parte della psicologia ha cercato di spiegare
le cause del disagio emotivo, andando alla ricerca di ipotetiche cause
nascoste, negando gli aspetti più ovvii del comportamento e delle
emozioni. Per cui se un bambino manifestava rabbia voleva dire che era
angosciato, se appariva depresso significava che era arrabbiato con se
stesso.
ATTRATTI DAL FASCINO DELL'OCCULTO
E DEL MISTERIOSO MOLTI PSICOLOGI HANNO NEGATO ALL'INDIVIDUO LA SUA STORIA
PERSONALE PERDENDOSI NEI MEANDRI DI UN IPOTETICO INCONSCIO
Purtroppo
questa è la linea teorica che ancora prevale nelle facoltà
di psicologia italiane.
I più recenti contributi nell'ambito della prospettiva cognitivo-comportamentale
hanno evidenziato che i meccanismi psichici che governano le reazioni
emotive sono da identificare come meccanismi cognitivi, cioè modalità
di pensiero, rappresentazioni mentali.
Ed è proprio aiutando il bambino a
correggere gli errori presenti nel suo modo di rappresentarsi la realtà
che possiamo metterlo in grado di superare emozioni spiacevoli.
In pratica, per toccare il cuore del bambino
dobbiamo passare per la sua mente, aiutandolo a cambiare gli elementi
disfunzionali del suo dialogo interno.
Dentro la nostra mente parliamo in continuazione
a noi stessi, sia che ne siamo consapevoli, sia che non ne siamo consapevoli.
Quando non ne siamo consapevoli non è che questi meccanismi siano
inconsci, ma semplicemente non siamo abituati ad ascoltare la nostra mente.
Si è visto che se un bambino viene
allenato fin da piccolo con apposite procedure, può essere in
grado di ascoltare se stesso e di essere cosciente di quali sono i contenuti
mentali che influenzano il suo stato emotivo. Per questo, la maggior
parte dei programmi di prevenzione messi a punto in questi ultimi dieci
anni, prendono in considerazione il rapporto esistente tra pensiero
ed emozione. L'Educazione Razionale-Emotiva si muove appunto dalla constatazione
che
è possibile favorire il benessere emotivo del bambino insegnandoli,
quanto prima possibile, a pensare in modo corretto.