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saltareLo psicologo dell’età evolutiva

Istruzioni per l’uso

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Ho un bambino di 9 anni che ha molte caratteristiche di un bambino iperattivo. Mi sono messo in contatto presso la Neuropsichiatria Infantile della città dove abito e mi hanno fissato un primo appuntamento dopo tre mesi. Il bambino è stato visto prima da un neuropsichiatria infantile, poi da una psicologa ogni due settimane per quattro mesi. Alla fine, senza presentarmi nessun referto scritto, mi hanno detto che il bambino soffre di disarmonia evolutiva e gli è stato prescritto un ciclo di sedute di psicomotricità. Ho fatto anche questo senza che ci sia stato il minimo beneficio. E’ stato visto di nuovo dalla psicologa che mi detto che il bambino ha delle fissazioni edipiche non risolte e mi è stato indicato di rivolgermi privatamente da una sua collega psicanalista per far iniziare al bambino un’analisi che probabilmente sarebbe durata dai due ai quattro anni. Io ho deciso di non fare niente, anche perché non possiamo permetterci di spendere quasi 800 euro al mese per chissà quanto tempo e senza sapere se veramente serva a qualcosa. Ma possibile che in Italia non esistano degli psicologi in grado di dare delle risposte concrete?”

Sono la mamma di un bambino di 8 anni che bagna ancora il letto la notte. Mi sono rivolta alla psicologa dell’ASL, la quale per 3 mesi ha visto il bambino una volta la settimana. Ho chiesto al mio bambino cosa faceva durante questi incontri e lui mi ha detto che disegnava tanto e qualche volta veniva fatto giocare con dei pupazzi. Alla fine questa psicologa mi ha fissato un incontro da sola e mi ha detto che la pipì a letto era un legame acquatico che il bambino aveva stabilito con la mamma e che non bisognava interrompere questo legame. La cosa mi ha lasciata perplessa e mi chiedo se per caso dovrò tenermi le lenzuola di mio figlio bagnate fino a quando non si troverà una fidanzata e interromperà questo legame acquatico con me. Non c’è una soluzione un po’ più rapida?”

Sono numerose le lettere di questo tipo che ci arrivano da genitori che hanno cercato di affrontare le difficoltà del proprio figlio rivolgendosi a uno psicologo o un neuropsichiatra infantile, ma non hanno ricevuto indicazioni chiare ed efficaci. Anche se esistono operatori della salute mentale di indubbia serietà e professionalità, purtroppo la psicologia e la psichiatria nel nostro Paese fanno ancora fatica ad uscire fuori da una sorta di medioevo culturale e, diversamente da quanto accade nella maggior parte degli altri paesi europei, in Italia prevalgono ancora modelli teorici obsoleti e di scarsa attendibilità scientifica da cui derivano metodi psicoterapeutici di scarsa efficacia. Si rischia quindi di imbattersi in operatori della salute mentale che, anziché utilizzare procedure d’intervento la cui validità sia stata scientificamente dimostrata, persistono nel ricorrere a metodiche inefficaci e ormai ampiamente superate.
Inoltre l’organizzazione e la gestione dei servizi delle ASL che si occupano delle problematiche dell’età evolutiva sono spesso pessime.
Non c’è pericolo di esagerare nell’affermare che se venissero eliminanti il 60% di tali servizi si otterrebbe un notevole risparmio nella spesa pubblica e un beneficio per l’utenza, che almeno eviterebbe di perdere tempo inutilmente.
Esistono tuttavia servizi e singoli psicologi che fanno un lavoro egregio e ammirevole, malgrado operino nelle strutture pubbliche, ma purtroppo sono ancora una minoranza. Del resto, la mediocrità è spesso premiante nella pubblica amministrazione e, in molti casi, chi occupa posizioni di responsabilità vi è arrivato grazie a protezioni particolari o appoggi politici, raramente per meriti professionali o per specifiche competenze. Per questo riteniamo utile fornire alcune indicazioni su come cercare di utilizzare al meglio ciò che la sanità pubblica offre nell’ambito della psicologia dell’età evolutiva.

Il primo appuntamento
Un primo appuntamento dovrebbe essere fornito entro tre, quattro settimane dal momento della richiesta. Non c’è mai nessuna valida ragione per andare oltre tali termini. Pretesti quali il gran numero di richieste o la mancanza di personale spesso sono un bluff per nascondere la propria poca voglia di lavorare. Se non si riceve un appuntamento entro 5 settimane:
-
tempestare di proteste l’ufficio relazioni con il pubblico (ogni ASL deve averne uno),
- oppure scrivere lettere di protesta al direttore generale dell’ASL,
- scrivere ai giornali per rendere nota la situazione. Finché tutti tacciono non cambierà niente.

La presa in carico
Di solito il primo appuntamento viene fissato con i genitori senza il bambino. E’ solo con gli adolescenti che sarebbe più indicato ascoltare il ragazzo prima ancora di sentire i genitori. Successivamente dovrebbe essere visto il bambino per una valutazione cognitiva, comportamentale ed emotiva.
I l numero di tali incontri di valutazione può variare da due a quattro, in alcuni casi cinque, a seconda della complessità o della gravità della situazione del bambino.
Se il genitore è sufficientemente documentato sulle varie scuole e orientamenti esistenti all’interno della psicologia, è suo diritto chiedere qual è l’orientamento dello psicologo, se cioè segue un impostazione sistemica, cognitivista, psicodinamica, comportamentale. E’ bene diffidare di risposte vaghe o ambigue.

La restituzione ai genitori
Dopo gli incontri di valutazione dovrebbe aver luogo un colloquio del genitore con lo psicologo per conoscere quanto è emerso dalla valutazione. Se lo psicologo opera con professionalità consegnerà al genitore una relazione scritta. Anche quando lo psicologo non dà in mano niente al genitore, questi può esigere che lo psicologo consegni una relazione scritta e se ha utilizzato dei test (come sarebbe auspicabile) dovrà citarli e riportare i risultati ottenuti.
La visita dello psicologo è una visita specialistica ed è quindi doveroso dare un referto scritto. Qualora vengano citati solo test cosiddetti “proiettivi”, il genitore dovrà tenere conto del fatto che tali strumenti hanno uno scarsissimo potere diagnostico e la loro validità è stata messa seriamente in dubbio dalla ricerca. Alcuni psicologi chiedono al bambino di fare qualche disegno e si basano sull’interpretazione di tali disegni per giungere a delle conclusioni diagnostiche. Questa è una procedura molto discutibile, in quanto tali conclusioni sono spesso il frutto della fervida fantasia dello psicologo piuttosto che dati con un riscontro oggettivo.

L’intervento
Un volta individuata l’esistenza di qualche problema di rilevanza clinica, dovrebbe essere impostato un trattamento mirato.
Per molti disturbi comportamentali, per problematiche legate all’ansia e per disturbi depressivi un trattamento efficace dovrebbe apportare dei cambiamenti positivi in un periodo che può andare da poche settimane a pochi mesi. Naturalmente gravi disturbi psichiatrici o patologie di origine organica o disturbi dell’apprendimento (quali dislessia) non potranno certo essere risolti in così poco tempo, ma la maggior parte di quelle problematiche affettive e comportamentali, per le quali un genitore cerca aiuto per il proprio figlio, possono essere affrontate e superate in un tempo relativamente breve se viene applicato un metodo di trattamento efficace.
Quando ci si rivolge ad uno psicoterapeuta in ambito privato è bene diffidare di chi propone trattamenti particolarmente lunghi e magari con più di una seduta alla settimana per problematiche che possono essere affrontate efficacemente in tempi molto più brevi ricorrendo ad altre forme di trattamento. Un tipo di terapia che a livello internazionale è riconosciuta essere estremamente efficace è la terapia cognitivo comportamentale. Spesso i detrattori di questa terapia sostengono che utilizzando tale metodo si lavora solo superficialmente sul “sintomo” senza intaccare le radici profonde del disturbo. La correttezza di tale punto di vista non è stata mai dimostrata e spesso serve solo come giustificazione per coloro che dopo mesi e a volte anni di presunta psicoterapia che lavora “sul profondo” non hanno concluso alcunché.
In realtà è estremamente scorretto, dal punto di vista dell’etica professionale, che un operatore della salute mentale rifiuti di rinnovarsi e di adottare procedure d’intervento efficaci solo perché rimane ancora intellettualmente legato a metodi che hanno un fascino culturale, ma nessuna validità scientifica.