Sito di Mario Di Pietro
Spesso durante la conduzioni di corsi sull’educazione razionale emotiva
ci viene chiesto se questa metodica d’intervento sia in qualche modo
collegata al concetto di intelligenza emotiva.
Infatti ha avuto ampia diffusione
anche nel nostro Paese un volume scritto dall’autore americano Daniel
Goleman dal titolo Intelligenza emotiva.
Tale volume presenta senz’altro numerosi pregi, ma ha anche alcune
lacune ed ha contribuito a creare una certa confusione sulle tematiche affrontate.
Innanzitutto
un equivoco da chiarire è che Goleman non è l’ideatore
del concetto di intelligenza emotiva, egli è stato solo un divulgatore
di tale concetto del quale è anche riuscito a fare un’abile
operazione di marketing. L’espressione intelligenza emotiva è stata
coniata da due ricercatori statunitensi, P. Salovey e J.D. Mayer che nel
1990 pubblicarono un interessante studio intitolato appunto Emotional Intelligence.
Ma se vogliamo essere più precisi, possiamo trovare molte affinità tra
il concetto di intelligenza emotiva e il concetto di intelligenza sociale
messo a punto nel lontano 1920 da E.L. Thorndike, considerato tra i padri
del comportamentismo.
Uno dei limiti del volume di Goleman è costituito
dal fatto che la rassegna scientifica riguardante il concetto di intelligenza
emotiva e la gestione delle emozioni, pur essendo piuttosto corposa, è confinata
prevalentemente alle ricerche in ambito neuropsicologico e sociale, trascurando
il vasto contributo delle scienze cognitive e comportamentali. Vengono infatti
lasciati in un secondo piano gli importantissimi contributi di autori quali
Bandura, Seligman, Lazarus e vengono completamente ignorati gli studi di
A. Beck ed A. Ellis sui processi cognitivi e sul rapporto tra pensiero ed
emozioni.
Un altro limite riscontrato nella divulgazione che Goleman fa del
concetto di intelligenza emotiva sta nel fatto che non viene data una chiara
definizione di cosa veramente si intenda per intelligenza emotiva, e viene
fatta solo una descrizione sommaria e superficiale delle strategie atte a
potenziarla. Tale mancanza di dettagli ha favorito il proliferare di programmi
di formazione e “crescita personale” in un pot-purri dove si
trovano mescolati approcci vari di ispirazione più o meno “new
age” che
utilizzano l’etichetta di “intelligenza emotiva”, ma che
sono ben lontani da ciò che P. Salovey e J.D. Mayer intendevano con
tale espressione.
Che rapporto c’è quindi tra educazione razionale
emotiva e intelligenza emotiva?
Semplice, l’educazione razionale emotiva è una
metodica strutturata che si avvale di procedure sperimentalmente convalidate
miranti a potenziare quelle che sono le componenti di base dell’intelligenza
emotiva. Quando si opera per favorire il benessere emotivo degli individui
si ha il dovere morale di scegliere le procedure di intervento non in base
alla moda culturale del momento o al fascino intellettuale esercitato da
una data teoria, ma piuttosto basandosi sull’efficacia, scientificamente
dimostrata, di tali procedure. Ed è quello che nell’ambito dell’educazione
razionale emotiva cerchiamo di attuare costantemente, sia attraverso varie
ricerche, alcune delle quali sono state condotte in collaborazione con l’Istituto
Superiore di Sanità, sia attraverso continui contatti con l’Albert
Ellis Institute di New York, dove l’educazione razionale emotiva ha
avuto origine e dove viene costantemente arricchita e rinnovata.