Sito di Mario Di Pietro
Un importante punto in comune tra gli insegnamenti buddhisti e l’educazione razionale emotiva sta nella rilevanza che entrambe queste prospettive danno al rapporto tra pensieri nocivi ed emozioni distruttive.
Può essere interessante notare come proprio all'inizio del Dhammapada, una raccolta di discorsi brevi attribuiti al Buddha, venga evidenziato in modo molto esplicito il rapporto tra pensiero, comportamento ed emozione:
"Percorsi dalla mente sono gli elementi, originati dalla mente, creati dalla mente, Se con mente corrotta alcuno parla o agisce, L'inquietudine lo segue come una ruota trainata segue il piede".
Sempre nella tradizione buddhista, il Retto Pensiero viene incluso nel secondo stadio dell'ottuplice sentiero, ed insieme alla Retta Comprensione fa parte di quell'elemento della disciplina indicato come Saggezza (Panna).
Per quanto riguarda la cultura occidentale il ruolo svolto dal pensiero come causa di sofferenza e come strumento per superare tale sofferenza era stato evidenziato da alcuni filosofi stoici, in particolare da Epitteto. Compare infatti nel Manuale di Epitteto la famosa massima: "Gli uomini sono agitati e turbati non dalle cose, ma dalle opinioni ch'essi hanno delle cose". Sono comunque dovuti passare molti secoli affinché, con l'emergere della prospettiva cognitivo-comportamentale in psicologia, la scienza occidentale cominciasse ad approfondire lo studio del rapporto tra pensiero ed emozioni.
L’educazione razionale emotiva considera irrazionali quei pensieri che si manifestano come pretese assolute, in quanto il più delle volte risultano illogici e conducono a sofferenza, ossia a stati emotivi caratterizzati da ansia, depressione od ostilità.
Ciò è in sintonia con quanto, nella tradizione buddhista, viene affermato nella Seconda Nobile Verità: "E' la sete (intesa come desiderio ardente) che produce la rinascita e il ri-divenire e che è legata all'avidità passionale".
Quando si applicano i metodi dell’educazione razionale emotiva, le emozioni negative e disfunzionali vengono superate trasformando queste pretese assolute (collegate a un forte attaccamento) in preferenze, cioè in qualcosa che, pur avendo una certa attrattiva, viene riconosciuto come non essenziale.
Il concetto di razionalità adottato nell’ambito dell’educazione razionale emotiva è congruente con la definizione data dal monaco birmano Saydaw U Pannadipa: "Il termine 'razionalità' significa ragionamento, argomentazione, è il rifiuto di tutto ciò che è irrazionale e non può essere verificato dalla ragione" (1). Forse sarebbe opportuno che tenessero conto della dimensione razionale insita nel buddismo coloro che tentano di accostarlo a bizzarre, quanto irrazionali, pratiche di ispirazione più o meno “new age”.
La più nota e sofisticata tra le procedure insegnate dall’educazione razionale emotiva è la messa in discussione delle convinzioni irrazionali. Ciò implica l’acquisizione di una maggiore consapevolezza dei vari stati d’animo e dei processi mentali che li precedono e accompagnano. Questo, insieme alla consapevolezza delle sensazioni del corpo, fa parte della pratica della presenza mentale, una procedura che appartiene alla disciplina buddista e che in tempi recenti è stata ripresa anche negli ambienti della psicoterapia italiana utilizzando il termine inglese “mindfulness”. In realtà si tratta di una pratica antica di almeno 2.500 anni e molto prima che diventasse trendy anche all’interno della psicoterapia italiana, la mindfulness era già stata diffusa nel nostro Paese da famosi orientalisti (ad esempio Giuseppe Tucci) col termine di presenza mentale.
Come sostiene Nyanaponika Thera, “la pura presenza mentale (mindfulness) elimina i concetti errati e i falsi valori che sono stati ciecamente attribuiti ai puri fatti”. I cambiamenti a livello cognitivo si concretizzano in nuove convinzioni, nuove modalità di pensiero, che tenderanno a generalizzarsi ad altre situazioni.
E’ interessante notare l’analogia tra alcune procedure adottate all’interno dell’educazione razionale emotiva e determinate strategie miranti al controllo del pensiero descritte in alcuni testi canonici buddhisti.
Nel Vitakkasanthana Sutta, ad esempio, viene riportata una procedura finalizzata al superamento di pensieri dannosi che include, tra l’altro, il dirigere il pensiero verso qualche pensiero incompatibile e il considerare le conseguenze negative di un dato pensiero. Questo è molto simile a certe procedure cognitive e immaginative utilizzate nell’educazione razionale emotiva allo scopo di indebolire i pensieri nocivi.
Anche in un altro testo buddista, il Sattipatthana Sutta, viene data rilevanza al controllo di pensieri intrusivi, suggerendo di impegnarsi a osservare tali pensieri con piena consapevolezza (mindfulness) per smorzare il loro impatto sulla sfera emotiva. Naturalmente questo tipo di mindfulness è molto diversa da quella commerciale diffusa in alcuni ambienti della psicologia italiana. Innanzitutto la vera mindfulness, praticata secondo lo spirito del Dharma buddista, è un dono che viene offerto gratuitamente senza far pagare la quota dei corsi. Inoltre la mindfulness buddista presuppone, da parte di chi impartisce tali insegnamenti ai suoi allievi, diversi anni di pratica e il conseguimento di un livello profondo di insight meditativo. Infine chi pratica la mindfulness dovrebbe diligentemente e con costanza seguire tutte la fasi di quella complessa disciplina che è l'ottuplice sentiero buddista.
Praticare la mindfulness riducendola a una mera tecnica, senza considerare tutti gli aspetti della disciplina buddista, significa svilirla e privarla del suo vero significato.
Va infine precisato che l’educazione razionale emotiva non pretende certo di essere una via di liberazione. I suoi obiettivi si limitano, molto più modestamente, a favorire un buon livello di equilibrio emotivo, ottenuto il quale diventerà eventualmente più percorribile anche una via di crescita spirituale. In tal senso l’educazione razionale emotiva, oltre che un modo per potenziare l’intelligenza emotiva è un’utile procedura preparatoria, e in un certo senso propedeutica, alla crescita spirituale.
1( ) Sayadaw U Pannadipa, La razionalità del buddhismo, Paramita N.51, p.16. Cfr. con quanto affermato anche dal Dalai Lama:"E' un principio di base dei buddhisti accettare ciò che è confermato dall'indagine", Siddhi, N.289, p.3.